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MISURE DI TERRA, COME ESEGUIRLE E COME RIDURRE GLI ERRORI (Parte 1)

By 22 Ottobre 2020 No Comments
verifica dell’impianto elettrico

Premesse

Questo articolo, che sarà sviluppato in più riprese, vuole fare una disanima sulle misure di terra e sulle problematiche che sorgono nell’effettuarle, nonché i rimedi e consigli pertinenti.

Le argomentazioni trattate si applicano sia alla verifica iniziale, sia a quella periodica e sia ad una eventuale verifica straordinaria o comunque laddove ritenuta necessaria o richiesta per qualsiasi scopo, anche fuori dall’ambito di legge.

Il Comitato CEI di riferimento per le misure di terra per impianti aventi tensione > 1.000 V ac e > 1.500 V dc, è istituzionalmente il CT 99; il CT 64 fornisce a sua volta alcune indicazioni in merito, poiché le cabine elettriche MT/BT possono essere parte integrante dell’impianto utilizzatore; in caso di discrepanza vale conseguentemente, quanto previsto dal CT 99 avendo anche una maggiore competenza in materia.

Quale base di partenza è stata presa, seguendola in buona parte, la Guida CEI 99-5 in vigore, allegato E, che ha sostituito la precedente edizione Guida CEI 11-37 uscita a seguito della ex norma CEI 11-1, per allinearla alle attuali norme CEI 99-3 e CEI EN 50522.

Sulla base di quanto in essa scritto, sono state aggiunte alcune considerazioni di tipo personale / aziendale, nonché dettagli e precisazioni nate dall’attività in campo e da specifiche e dedicate esperienze condotte per validarle.

Molte volte infatti, si legge su modi di procedere acquisiti da consuetudini e convinzioni che si trasmettono da decenni, senza tuttavia verificare se ciò sia realmente lo stato dell’arte ad oggi noto e praticabile.

Misura condotte come sotto precisato, sono certamente impegnative dal punto di vista operativo e temporale, ma permettono il puntuale riscontro a distanza di tempo e, specialmente, la ripetibilità anche da parte di altri soggetti operatori; ciò significa affidabilità della prestazione e soddisfazione professionale.

Non è affatto raro vedere documenti inerenti verifiche di terra eseguite periodicamente dal medesimo o da altro soggetto, che riportano valore di RE assolutamente non confrontabili tra loro, il che da un punto di vista meramente elettrotecnico, non può essere considerato accettabile, fatto salvo giustificazioni che possano supportare queste discrasie.

Si inizia l’articolo nella sequenza delle operazioni che sarebbero da seguire, step by step, per cercare giungere al risultato finale: il valore della resistenza di terra, inteso come espressione numerica e non come espressione del parere “coordinato” o ”non coordinato”.

Presenza di tensioni di disturbo negli impianti di terra

Come notorio e confermato dall’esperienza secolare di misure, sugli impianti di terra, si manifestano delle tensioni e correnti di disturbo sia in alternata e sia in continua che ai ns. fini, se non debitamente sceverate, possono indurre errori sistematici e significativi nelle letture strumentali, talvolta di entità così alta da invalidare i riscontri.

Questi disturbi sono applicati allo strumento misuratore, tramite le cavetterie annesse e le sonde ausiliarie di misura, voltmetrica e amperometrica realizzate per la prova, le quali sonde possono essere dislocate talvolta a ragguardevole distanza rispetto al dispersore ove si trova l’operatore; si pensi ad es. al caso di utilizzo di un elettrodotto, quale vettore della ns. corrente di misura IM.

In pratica lo strumento leggerà un valore di tensione generato dal suo circuito amperometrico (che inietta corrente sul dispersore sotto prova e quindi lo manda in tensione) sommato vettorialmente al disturbo, con le conseguenze del caso; potrebbe accadere che esse siano di valore maggiore dei segnali generati dallo stesso, e se, lo strumento non è dotato di sistemi atti a controllarle / inibirle, impossibilità di procedere alla lettura o comunque dare riscontri inaffidabili.

Vedremo più avanti quali artifici sono stati ideati e applicati dai costruttori, per limitare questo annoso problema.

I suddetti disturbi, che sono variabili nel tempo, sono generati da una miriade di sorgenti e fenomeni, i più ricorrenti dei quali sono:

  • Ripetuta messa a terra del conduttore di neutro in bassa tensione, da parte dei Distributori, in modalità simili al “PEN”: la corrente di utilizzo delle utenze diviene in parte corrente “dispersa” e va quindi ad interessare terreno ed altri impianti sul percorso di ritorno; idem per impianti eserciti con sistema TN-C, seppur in questo frangente la corrente interessi virtualmente solo la superficie dell’opificio e non l’esterno. Se si infigge una sonda ausiliaria nei pressi di questi impianti, avrò un disturbo riportato sui morsetti dello strumento.
  • Correnti alternate circolanti sugli schermi dei conduttori MT e/o AT interrati che inducono, nel suolo e nei materiali ferromagnetici paralleli, correnti che si richiudono alle loro estremità, tramite impianti di messa a terra. Il fenomeno è particolarmente accentuato in ambito urbano e laddove si utilizzino condutture costituite da cavi unipolari, anziché multipolari.
  • Nei conduttori PE stesi parallelamente accanto ai conduttori attivi: questo accoppiamento è particolarmente intenso nelle polifore, nei canali portacavo e nei cunicoli, ossia in tutte le casistiche di forte vicinanza circuitale. Sui conduttori per la messa a terra dei centro stella dei trafo MT/BT funzionanti in parallelo posati in cunicoli comuni, è possibile leggere valori di corrente indotta, tra qualche ampere sino a oltre 100 ampere.
  • Correnti disperse a terra da SPD, dagli isolamenti dei conduttori attivi e dai condensatori.
  • Correnti indotte a terra dai conduttori nudi di linee aeree, che sono da un punto di vista geometrico asimmetrici e lontani tra loro: oltretutto queste correnti percorrono anche le funi di guardia e quindi i sottostanti tralicci ed il terreno tra di loro frapposto. Sono correnti che interessano volumi di terreno enormi e distanze di parecchie decine di chilometri.
  • Correnti condotte a terra dai “filtri” di apparecchiature elettroniche ed in generale da grossi centri di calcolo, UPS, inverter e convertitori statici di frequenza.
  • Correnti “vaganti” prodotte dai circuiti di ritorno di linee di trazione elettrica, metropolitane, tranviarie che non sono mai solo continue, ma anche “livellate” ossia con componenti alternate ricche di armoniche. I filtri ferroviari predisposti all’uopo nelle SSE di trazione, sono accordati su certe frequenze di armoniche, non su tutte.
  • Idem dicasi per il sistema elettrico delle linee TAV a 25 kV, dove il terreno si pone in parallelo alle conduttanze intenzionali e metalliche di ritorno alle SSE, ai posti di parallelo doppi e singoli.
  • Interferenze elettromagnetiche nella più vasta accezione, generate da tutti i circuiti in corrente alternata, trasformatori (isolati in aria o in resina ancor di più), reattanze, forni ad arco, forni ad induzione.
  • Messa a terra dei centro stella dei trasformatori (per la verità autotrasformatori) elevatori nelle Centrali di produzione elettrica e nelle Stazioni AAT/AT del distributore, che dato l’inevitabile squilibrio delle correnti trifasi, da luogo a risultanti amperometriche che percorrono il terreno.
  • Segnalamento ferroviario e circuiti di binario, che funzionano con le più disparate frequenze e tensioni d’esercizio.
  • Impianti di protezione catodica per strutture e impianti interrati, con drenaggi forzati in corrente continua, impianti galvanici.
  • Impianti che utilizzano il terreno o il mare come conduttore di ritorno (ad esempio per connessioni marittime isolane o intercontinentali).
  • Accoppiamenti di metalli diversi, che creano f.e.m. continue per effetto “pila”, fenomeno assai più diffuso di quanto si creda.

Valori tipici dei suddetti disturbi sono:

In ambito urbano: da 50 a 1.000 mV in ac e da 0 a 1.500 mV in cc con possibile inversione di polarità nei pressi delle SSE di conversione ferroviaria, tramviaria e metropolitana e di impianti di protezione catodica;

In ambito extra urbano: valori c.s. ma più contenuti del 50%;

Con utilizzo di elettrodotti AT quale vettore della corrente di prova: da 5 a 100 V in ac (a seconda se la linea è a singola o a multipla terna, una delle quali in tensione) con correnti interferenti fino a 20 A.

Per l’eliminazione degli errori indotti, si applicano i metodi che saranno descritti nel seguito, tratti dalla letteratura specialistica e suffragati da una lunghissima esperienza applicativa in campo.

Si evidenzia che generalmente un disturbo pari al 20% del valore del segnale U di lettura, permette di evitare la depurazione vettoriale durante l’utilizzo del metodo “a forte corrente di prova”; tuttavia siccome il disturbo varia da punto a punto e comunque nel tempo, si ha che la sua acquisizione diviene in pratica, sempre obbligatoria.

Misura di resistenza di terra e di impedenza di terra

Il metodo più comunemente adottato è quello voltamperometrico che viene realizzato secondo due criteri applicativi che utilizzano strumentazione diversa.

Limitatamente alle linee AT è disponibile il metodo della misura ad alta frequenza della resistenza di terra dei singoli sostegni, che non sarà qui trattato essendo attività specialistica.

Nel seguito due esempi di metodi di misura e tipo di strumenti adatti: in questo primo articolo, si parlerà soltanto di uno dei due, il più diffuso e semplice.

Nei prossimi articoli parleremo del metodo della caduta di tensione, con strumento! STAY TUNED

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